Dott.ssa Alessia Sapei – Osteopata Fisioterapista a Torino

La sindrome del piriforme alias “sciatica mozza”

Come può un un piccolo muscolo di forma triangolare che si trova nella parte profonda dei glutei simulare un dolore così intenso e simile alla sciatica?
Un dolore fisso cronico, tormentoso, pungente, con formicolii o parestesie che iniziano a livello dei glutei e si estendono lungo il decorso del nervo sciatico, fino a tutta la parte posteriore della coscia e della gamba e talvolta fino al piede. Il dolore peggiora quando il piriforme è schiacciato contro il nervo sciatico, come quando si corre, ci si siede sul wc o sul sedile stretto di una bicicletta o in macchina, ecco perché talvolta questa problematica è anche detta “sindrome del portafoglio” tipica dei camionisti.

La funzione del muscolo piriforme è quella di ruotare esternamente il femore e abdurlo, cioè allontanarlo dall’asse del corpo oltre che stabilizzare l’articolazione dell’anca. Può capitare che mantenendo posizioni errate, eseguendo movimenti repentini oppure ripetuti nel tempo questo muscolo si contragga in modo anomalo e provochi una compressione del nervo sciatico provocandone l’infiammazione. Le lesioni da eccessivo utilizzo all’origine della sindrome del piriforme possono derivare da attività svolte in posizione seduta che prevedono l’utilizzo intenso delle gambe, come il canottaggio o il ciclismo. La sindrome del piriforme può anche essere causata da un’eccessiva pronazione del piede, dove il muscolo piriforme si contrae ripetutamente ad ogni passo, per un meccanismo di compensazione, causando dolore alle natiche e occasionalmente sciatalgia.
Il risultato dello spasmo del muscolo piriforme può interessare non solo il nervo sciatico, ma anche il nervo pudendo, che controlla i muscoli dei visceri e della vescica. I sintomi di intrappolamento del nervo pudendo includono intorpidimento e formicolio nella zona inguinale e, nei casi più gravi, possono arrivare all’incontinenza urinaria e fecale.

Non esiste un test immediato per formulare una diagnosi. La condizione viene definita principalmente sulla base dei sintomi che il paziente manifesta, sull’esame obiettivo, sulla revisione della storia clinica del paziente dopo l’esclusione di altre possibili cause. Il criterio più importante per la diagnosi dovrebbe essere l’esclusione, attraverso esami diagnostici, della sciatica risultante dalla compressione/irritazione delle radici dei nervi spinali, in quanto, invece, la sindrome del piriforme, non comporta l’erniazione dei dischi.
Anche problematiche di tipo posturale come una iperlordosi lombare o anomalie muscolari con ipertrofia possono innescare il meccanismo di contrazione del piriforme così come una eccessiva tensione del pavimento pelvico; alterazioni congenite della morfologia del piriforme o del nervo sciatico; presenza di dismetria (differenza di lunghezza) negli arti inferiori; mobilità non corretta delle ossa iliache e dell’osso sacro; iniezioni intramuscolari nel gluteo.

La terapia è sintomatica e mirata alla riduzione dello spasmo del muscolo piriforme in risposta ad un evento traumatico o a sforzi eccessivi o ripetuti nel tempo. In fase acuta è necessaria sicuramente la riduzione temporanea dell’attività fisica che ha scatenato la sindrome del piriforme insieme ad esercizi di stretching specifici per l’anca posteriore e per il piriforme stesso.
L’azione dell’osteopata è volta a eliminare le cause all’origine dello squilibrio posturale e più direttamente la condizione di tensione o spasmo del muscolo piriforme. Un corretto inquadramento diagnostico e terapeutico della problematica ha, nella stragrande maggioranza dei casi, una buona prognosi e si risolve tranquillamente in poche sedute di osteopatia. Infatti, ad eccezione dei casi più gravi in cui sono associate cause di carattere medico, non si rende necessario l’utilizzo di farmaci o terapie particolari. Durante la seduta l’osteopata si occupa non solo di sciogliere le tensioni accumulate nel muscolo piriforme, ma lavorerà anche per evitare che la sindrome si ripresenti verificando che non si siano create delle restrizioni di mobilità a livello del bacino, della gamba e della colonna vertebrale. In questo caso attraverso manipolazioni e mobilizzazioni di queste strutture ristabilirà la corretta mobilità utilizzando altresì manipolazioni miofasciali per trattare direttamente il muscolo piriforme e decontratturarlo.

DIAFRAMMA TORACICO E CERVICALE

Il diaframma toracico è il muscolo respiratorio principale, lo utilizziamo senza accorgercene, o spesso lo utilizziamo male o poco, sempre senza averne coscienza. E’ un muscolo fondamentale per la sopravvivenza ma ha anche tante altre funzioni meno evidenti ma importanti. Per la sua anatomia è in stretto contatto con altri muscoli e organi, per questo possono crearsi problematiche a distanza. Nello specifico vediamo il rapporto con la cervicale.
Il legame funzionale tra diaframma e rachide cervicale ha due catene miofasciali dirette e un legame neurologico poichè innervato a livello cervicale (nervo frenico con origine cervicale). Far lavorare correttamente il diaframma permette di non dover utilizzare muscoli accessori respiratori (muscoli situati anche a livello cervicale) e di migliorare la mobilità della gabbia toracica. Si riduce quindi l’utilizzo soprattutto di trapezi, scaleni e sternocleidomastoidei, ottenendo un duplice risultato: da un lato il minor utilizzo favorisce un tono meno contratto e dall’altro migliora la curva cervicale, che in situazione di contrazioni importanti può tendere alla rettilinizzazione creando un circolo vizioso tra postura e contratture muscolari. Inoltre poichè l’innervazione diaframmatica è di origine cervicale si creano dei meccanismi di feedback in entrata e in uscita sul midollo spinale che portano a un aumento progressivo del tono diaframmatico e un aumento della rigidità del tratto cervicale.
Ovviamente il diaframma è inserito in un contesto globale del corpo, per cui è indicato il trattamento diretto con terapia manuale e anche con esercizi respiratori, ma è necessario valutare le eventuali interferenze viscerali e strutturali che possono ridurre la sua funzionalità. Ricordiamo ad esempio che ha strette connessioni con stomaco, esofago, fegato, angoli colici, in aggiunta a tutte le connessioni muscolari, come ad esempio ileopsoas e quadrato dei lombi per citarne qualcuna. L’osteopata è in grado di valutarle e portare il corpo verso un equilibrio.
Risulta quindi evidente che sia un muscolo chiave per una buona mobilità del rachide cervicale ma anche per il rachide in toto, basti pensare che è a cavallo della cerniera dorsolombare, punto di svincolo ideale per la deambulazione. Non è un caso che molte discipline antiche come lo yoga, il pilates, il tai chi si concentrino molto sul lavoro di questo muscolo…con l’era moderna ogni tanto causa stress, frenesia, ansia, ecc ci ritroviamo in apnea e ci “dimentichiamo” di respirare. Stare in apnea o respirare a scatti innesca subito un aumento del tono basale dei nostri muscoli, mentre respirare a fondo, di pancia, permette ad esempio un massaggio diretto ai visceri, un rilassamento del pavimento pelvico, un massaggio non conscio ai plessi neurovegetativi e tanti vantaggi derivanti dal rilassamento generale che ne consegue…provare per credere!

Quale esame diagnostico?

Quali sono gli esami più comunemente prescritti per mal di schiena, tendiniti, cadute, distorsioni, ecc.? Ecco brevemente indicati quali sono, a cosa servono di solito e cosa permettono di vedere.

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