Dott.ssa Alessia Sapei – Osteopata Fisioterapista a Torino

Onde d’urto: un’onda di energia al servizio della riabilitazione

Negli ultimi anni le onde d’urto, o shock waves, sono diventate una delle terapie fisiche più interessanti nel campo della fisioterapia e riabilitazione muscoloscheletrica. Spesso associate al trattamento della “spina calcaneare” o delle tendiniti calcifiche, in realtà questa tecnologia ha un campo di applicazione molto più ampio e scientificamente fondato.

Cos’è la terapia a onde d’urto

La terapia con onde d’urto utilizza impulsi meccanici ad alta energia che si trasducono nei tessuti. Queste onde, prodotte da un generatore elettromagnetico, elettroidraulico o piezoelettrico, vengono convogliate su una zona specifica del corpo. L’energia meccanica trasmessa induce microstimoli controllati nei tessuti, che attivano una risposta biologica naturale: aumento della circolazione locale, stimolazione del metabolismo cellulare e rilascio di fattori di crescita che favoriscono la rigenerazione dei tessuti. In parole semplici, le onde d’urto “risvegliano” la capacità del corpo di guarire da solo.

Come agiscono

Gli effetti principali sono tre:

  1. Effetto antinfiammatorio: riduzione della produzione di mediatori infiammatori e miglioramento del drenaggio locale.
  2. Effetto antalgico: interferenza con la trasmissione nervosa del dolore e liberazione di endorfine.
  3. Effetto rigenerativo: stimolo alla neoangiogenesi (nuovi capillari) e alla riparazione dei tessuti tendinei e ossei.

Grazie a questi meccanismi, le onde d’urto non agiscono solo sui sintomi, ma favoriscono la guarigione biologica della struttura coinvolta.

Le principali applicazioni in fisioterapia

Le onde d’urto trovano indicazione in molte condizioni croniche dell’apparato muscoloscheletrico, in particolare quando altre terapie hanno dato risultati limitati:

  • Tendinopatia calcifica della spalla
  • Epicondilite (“gomito del tennista”)
  • Fascite plantare e spina calcaneare
  • Tendinopatia rotulea e achillea
  • Borsiti croniche
  • Sindrome dolorosa miofasciale (trigger points)
  • Ritardi di consolidazione ossea e pseudoartrosi

In alcuni casi vengono utilizzate anche per ridurre la fibrosi cicatriziale o favorire la mobilità articolare dopo interventi o traumi.

Come si svolge una seduta

Il trattamento è ambulatoriale, dura dai 10 ai 20 minuti. La sensazione può essere dolorosa.

Quando evitarle

Le onde d’urto non vanno utilizzate in presenza di tumori, infezioni locali, tendini o muscoli lesionati, gravidanza, trombosi venosa profonda o vicino a protesi metalliche recenti. Per questo è sempre importante una valutazione medica o fisioterapica qualificata prima di iniziare il trattamento.
Numerosi studi confermano l’efficacia delle onde d’urto, soprattutto nelle patologie tendinee croniche resistenti alle cure tradizionali. Pur non essendo una “bacchetta magica”, rappresentano un alleato prezioso per ridurre il dolore, migliorare la funzionalità e accelerare il recupero.

Distorsione di caviglia

Le distorsioni di caviglia sono tra le lesioni più comuni nel mondo dello sport e nelle attività quotidiane. Si verificano frequentemente quando il piede si muove in modo innaturale, solitamente verso l’interno (distorsione laterale), causando danni ai legamenti che stabilizzano l’articolazione. La gravità di questa lesione può variare da un lieve stiramento a una rottura completa dei legamenti, e può portare a complicazioni come instabilità cronica, dolore persistente, gonfiore dopo l’utilizzo e aumentato rischio di recidive.
La sintomatologia tipica include dolore acuto, gonfiore, ecchimosi, limitazione dei movimenti e, in alcuni casi, instabilità dell’articolazione. La diagnosi viene solitamente formulata attraverso l’esame clinico o con strumenti diagnostici come l’ecografia o la risonanza magnetica.
Il trattamento delle distorsioni di caviglia può essere conservativo o con intervento chirurgico. Nella maggior parte dei casi, si preferisce un approccio conservativo che comprende riposo, applicazione di ghiaccio, compressione e elevazione. La fisioterapia è fondamentale per favorire la riabilitazione, rafforzare i muscoli stabilizzatori e migliorare la mobilità articolare. Solo in caso di lesioni gravi o instabilità cronica può essere presa in considerazione la chirurgia.
Nel percorso riabilitativo delle distorsioni di caviglia, le terapie strumentali assumono un ruolo importante. Queste tecniche non invasive aiutano ad accelerare il recupero muscolare, ridurre l’infiammazione e il dolore, e migliorare la funzionalità articolare. Tra le più risolutive troviamo la QMR (in fase acutissima anche), la tecar terapia (in fase acuta) e le onde d’urto (in fase cronica per tendiniti che si possono instaurare). Sono strumenti che, se usati correttamente e in combinazione con altre metodiche riabilitative, permettono di ridurre i tempi di recupero, migliorare la qualità della vita del paziente e prevenire future recidive.
In conclusione, le distorsioni di caviglia rappresentano una problematica molto diffusa ma affrontabile con un trattamento tempestivo, appropriato e, soprattutto, con l’ausilio di terapie strumentali di ultima generazione; la prevenzione delle recidive deve diventare un obiettivo di trattamento.

QPhysio: Innovazione nella Riabilitazione Fisica attraverso la QMR

Il macchinario QPhysio, sviluppato da Telea Medical, rappresenta un’avanzata innovazione nella riabilitazione fisica e nelle terapie fisiche. Questo dispositivo è progettato per sfruttare i principi della Risonanza Quantica Molecolare (QMR), un approccio terapeutico che integra concetti di fisica quantistica e fisioterapia per promuovere la salute e il benessere. Ogni molecola, attraverso le proprie vibrazioni e risonanze, può comunicare informazioni e influenzare processi biologici e la QMR offre un’esplicazione alternativa ai meccanismi di cura, focalizzandosi non solo sull’aspetto chimico-farmacologico, ma anche sugli aspetti energetici e informativi della materia. La QMR si basa sull’idea che ogni molecola e tessuto del corpo umano possiede una propria frequenza di vibrazione. Queste vibrazioni possono essere influenzate da campi energetici esterni, come quelli generati dal macchinario in questione. Il dispositivo emette frequenze specifiche che interagiscono con le vibrazioni naturali delle cellule e dei tessuti, favorendo un processo di risintonizzazione ed è quindi possibile “entrare in risonanza” con molecole target biologiche per stimolarne o rilassarne l’attività. Tale interazione può contribuire a stimolare la rigenerazione cellulare, migliorare la circolazione sanguigna e facilitare il rilascio di sostanze biochimiche benefiche, come le endorfine, che alleviano il dolore e migliorano il benessere psicofisico.
La QMR ha trovato applicazione in diverse aree della medicina (es: sistema immunitario) ma nello specifico affrontiamo l’aspetto riabilitativo dove, essendo altamente versatile, trova applicazione in diverse aree. Tra i principali utilizzi vi sono:
-Riabilitazione Muscoloscheletrica: trattamento di lesioni muscolari e articolari. Le frequenze emesse possono alleviare il dolore, ridurre l’infiammazione e accelerare il processo di guarigione.
-Recupero Post-Operatorio: Dopo interventi chirurgici per stimolare la guarigione dei tessuti e ripristinare la mobilità. La sua capacità di migliorare la circolazione contribuisce a ridurre il rischio di complicanze.
-Gestione del Dolore Cronico: condizioni di dolore cronico, come artrite o fibromialgia, per avere miglioramenti significativi nella qualità della vita.
L’efficacia del QPhysio è stata supportata da studi clinici che evidenziano risultati positivi nei processi di guarigione e recupero fisico. Il dispositivo è progettato tenendo conto della sicurezza e le frequenze emesse sono assolutamente non invasive; questo ne consente l’uso anche in circostanze in cui altri trattamenti potrebbero non essere raccomandabili (Es: onde d’urto, Tecar in caso di lesioni, eccessiva infiammazione, traumi acuti).
Nota che potrebbe sembrare negativa: durata del trattamento. Trattandosi di una biostimolazione e necessitando di tempi fisiologici di recupero, bisogna mettere in conto 8-15 sedute a seconda del problema con una frequenza di due volte la settimana. I risultati superano però altri tipi di terapie “più rapide”, poiché si interviene sulla qualità del tessuto, quindi beneficio più di lungo termine.
Con ulteriori ricerche e studi il QPhysio potrebbe continuare a evolversi, contribuendo in maniera significativa alla medicina e alla terapia fisica moderna.
Per informazioni scrivere a: info@alessiasapei.it

La sindrome del piriforme alias “sciatica mozza”

Come può un un piccolo muscolo di forma triangolare che si trova nella parte profonda dei glutei simulare un dolore così intenso e simile alla sciatica?
Un dolore fisso cronico, tormentoso, pungente, con formicolii o parestesie che iniziano a livello dei glutei e si estendono lungo il decorso del nervo sciatico, fino a tutta la parte posteriore della coscia e della gamba e talvolta fino al piede. Il dolore peggiora quando il piriforme è schiacciato contro il nervo sciatico, come quando si corre, ci si siede sul wc o sul sedile stretto di una bicicletta o in macchina, ecco perché talvolta questa problematica è anche detta “sindrome del portafoglio” tipica dei camionisti.

La funzione del muscolo piriforme è quella di ruotare esternamente il femore e abdurlo, cioè allontanarlo dall’asse del corpo oltre che stabilizzare l’articolazione dell’anca. Può capitare che mantenendo posizioni errate, eseguendo movimenti repentini oppure ripetuti nel tempo questo muscolo si contragga in modo anomalo e provochi una compressione del nervo sciatico provocandone l’infiammazione. Le lesioni da eccessivo utilizzo all’origine della sindrome del piriforme possono derivare da attività svolte in posizione seduta che prevedono l’utilizzo intenso delle gambe, come il canottaggio o il ciclismo. La sindrome del piriforme può anche essere causata da un’eccessiva pronazione del piede, dove il muscolo piriforme si contrae ripetutamente ad ogni passo, per un meccanismo di compensazione, causando dolore alle natiche e occasionalmente sciatalgia.
Il risultato dello spasmo del muscolo piriforme può interessare non solo il nervo sciatico, ma anche il nervo pudendo, che controlla i muscoli dei visceri e della vescica. I sintomi di intrappolamento del nervo pudendo includono intorpidimento e formicolio nella zona inguinale e, nei casi più gravi, possono arrivare all’incontinenza urinaria e fecale.

Non esiste un test immediato per formulare una diagnosi. La condizione viene definita principalmente sulla base dei sintomi che il paziente manifesta, sull’esame obiettivo, sulla revisione della storia clinica del paziente dopo l’esclusione di altre possibili cause. Il criterio più importante per la diagnosi dovrebbe essere l’esclusione, attraverso esami diagnostici, della sciatica risultante dalla compressione/irritazione delle radici dei nervi spinali, in quanto, invece, la sindrome del piriforme, non comporta l’erniazione dei dischi.
Anche problematiche di tipo posturale come una iperlordosi lombare o anomalie muscolari con ipertrofia possono innescare il meccanismo di contrazione del piriforme così come una eccessiva tensione del pavimento pelvico; alterazioni congenite della morfologia del piriforme o del nervo sciatico; presenza di dismetria (differenza di lunghezza) negli arti inferiori; mobilità non corretta delle ossa iliache e dell’osso sacro; iniezioni intramuscolari nel gluteo.

La terapia è sintomatica e mirata alla riduzione dello spasmo del muscolo piriforme in risposta ad un evento traumatico o a sforzi eccessivi o ripetuti nel tempo. In fase acuta è necessaria sicuramente la riduzione temporanea dell’attività fisica che ha scatenato la sindrome del piriforme insieme ad esercizi di stretching specifici per l’anca posteriore e per il piriforme stesso.
L’azione dell’osteopata è volta a eliminare le cause all’origine dello squilibrio posturale e più direttamente la condizione di tensione o spasmo del muscolo piriforme. Un corretto inquadramento diagnostico e terapeutico della problematica ha, nella stragrande maggioranza dei casi, una buona prognosi e si risolve tranquillamente in poche sedute di osteopatia. Infatti, ad eccezione dei casi più gravi in cui sono associate cause di carattere medico, non si rende necessario l’utilizzo di farmaci o terapie particolari. Durante la seduta l’osteopata si occupa non solo di sciogliere le tensioni accumulate nel muscolo piriforme, ma lavorerà anche per evitare che la sindrome si ripresenti verificando che non si siano create delle restrizioni di mobilità a livello del bacino, della gamba e della colonna vertebrale. In questo caso attraverso manipolazioni e mobilizzazioni di queste strutture ristabilirà la corretta mobilità utilizzando altresì manipolazioni miofasciali per trattare direttamente il muscolo piriforme e decontratturarlo.

DIAFRAMMA TORACICO E CERVICALE

Il diaframma toracico è il muscolo respiratorio principale, lo utilizziamo senza accorgercene, o spesso lo utilizziamo male o poco, sempre senza averne coscienza. E’ un muscolo fondamentale per la sopravvivenza ma ha anche tante altre funzioni meno evidenti ma importanti. Per la sua anatomia è in stretto contatto con altri muscoli e organi, per questo possono crearsi problematiche a distanza. Nello specifico vediamo il rapporto con la cervicale.
Il legame funzionale tra diaframma e rachide cervicale ha due catene miofasciali dirette e un legame neurologico poichè innervato a livello cervicale (nervo frenico con origine cervicale). Far lavorare correttamente il diaframma permette di non dover utilizzare muscoli accessori respiratori (muscoli situati anche a livello cervicale) e di migliorare la mobilità della gabbia toracica. Si riduce quindi l’utilizzo soprattutto di trapezi, scaleni e sternocleidomastoidei, ottenendo un duplice risultato: da un lato il minor utilizzo favorisce un tono meno contratto e dall’altro migliora la curva cervicale, che in situazione di contrazioni importanti può tendere alla rettilinizzazione creando un circolo vizioso tra postura e contratture muscolari. Inoltre poichè l’innervazione diaframmatica è di origine cervicale si creano dei meccanismi di feedback in entrata e in uscita sul midollo spinale che portano a un aumento progressivo del tono diaframmatico e un aumento della rigidità del tratto cervicale.
Ovviamente il diaframma è inserito in un contesto globale del corpo, per cui è indicato il trattamento diretto con terapia manuale e anche con esercizi respiratori, ma è necessario valutare le eventuali interferenze viscerali e strutturali che possono ridurre la sua funzionalità. Ricordiamo ad esempio che ha strette connessioni con stomaco, esofago, fegato, angoli colici, in aggiunta a tutte le connessioni muscolari, come ad esempio ileopsoas e quadrato dei lombi per citarne qualcuna. L’osteopata è in grado di valutarle e portare il corpo verso un equilibrio.
Risulta quindi evidente che sia un muscolo chiave per una buona mobilità del rachide cervicale ma anche per il rachide in toto, basti pensare che è a cavallo della cerniera dorsolombare, punto di svincolo ideale per la deambulazione. Non è un caso che molte discipline antiche come lo yoga, il pilates, il tai chi si concentrino molto sul lavoro di questo muscolo…con l’era moderna ogni tanto causa stress, frenesia, ansia, ecc ci ritroviamo in apnea e ci “dimentichiamo” di respirare. Stare in apnea o respirare a scatti innesca subito un aumento del tono basale dei nostri muscoli, mentre respirare a fondo, di pancia, permette ad esempio un massaggio diretto ai visceri, un rilassamento del pavimento pelvico, un massaggio non conscio ai plessi neurovegetativi e tanti vantaggi derivanti dal rilassamento generale che ne consegue…provare per credere!

Quale esame diagnostico?

Quali sono gli esami più comunemente prescritti per mal di schiena, tendiniti, cadute, distorsioni, ecc.? Ecco brevemente indicati quali sono, a cosa servono di solito e cosa permettono di vedere.

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