Dott.ssa Alessia Sapei – Osteopata Fisioterapista a Torino

TRIGGER POINT, i fantomatici “nervi accavallati”

Chi non ha mai sofferto dei famosi “nervi accavallati” alzi la mano! Ecco… nessuno credo. Chi più chi meno abbiamo sofferto di fastidiose e a volte invalidanti contratture, spesso definite impropriamente ma con una logica sottesa, e vedremo perchè, nervi accavallati. Queste contratture importanti e localizzate ad oggi si possono definire bene come Trigger Points (TP) o Punti Trigger. Sono punti sensibili nei tessuti molli muscolari e caratterizzano un dolore che può essere classificato come miofasciale (myofascial pain syndrome). La sensazione del “nervo” è data dalla loro caratteristica di far male localmente (anche definiti Tender Point in questo caso) ma di irradiare anche a distanza in determinate zone specifiche. Anche la sensazione di accavallato ha una sua logica; questi punti sono descritti come crampiformi e al tatto si ha la sensazione di nodulino nel muscolo. La traduzione in senso stretto di “trigger” è grilletto, ma il suo significato più ampio di attivatore a distanza rende meglio l’idea.

Il loro studio approfondito è stato eseguito da Travell e Simmons.

Le caratteristiche comuni che devono far pensare ad un TP sono:

  • punto dolente nel muscolo o nella fascia, non causato da eventi esterni/interni
  • se stimolato può provocare una contrazione involontaria dell’intero muscolo (local twitch response)
  • se stimolato riproduce “il dolore conosciuto” del paziente e può irradiare a distanza
  • il dolore non è correlabile da un punto di vista neurologico

Si possono inoltre distinguere in TP attivi e latenti; i primi evocano dolore irradiato, presente anche in assenza di stimolazione diretta, i secondi sono come addormentati ma producono dolore nel momento della stimolazione diretta e inoltre possono essere causa di malfunzionamento celato e contribuire a problematiche future.

E’ quindi importante trattare questi TP in modo da evitare recidive dolorose o l’instaurarsi di catene muscolari disfunzionali. Il trattamento può essere di tipo manuale compressivo locale, così da favorire un ritorno successivo di sangue e quindi di ossigeno ai tessuti, si può utilizzare del ghiaccio ed uno stretching, tecniche ad energia muscolare per favorire il riflesso di rilassamento del muscolo interessato, tecniche con strumenti appositi per lavorare sulla fascia neuromuscolare, ecc. L’importante è che le tecniche vengano eseguite da personale esperto che vada ad agire correttamente sul muscolo e sui TP, altrimenti il risultato potrebbe essere l’opposto!

Esistono tantissimi TP perchè potenzialmente presenti in tutti i muscoli del corpo, quindi risulta fondamentale che l’operatore esegua una valutazione adeguata dei sintomi, delle zone interessate, della storia clinica, per poi correlare con la palpazione manuale dei muscoli e delle fasce. Ovviamente questo tipo di approccio può essere inserito all’interno di un trattamento più ampio che coinvolga non solo le strutture muscolofasciali ma vada anche a considerare la struttura ossea, i metameri della colonna vertebrale coinvolti, la componente viscerale piuttosto che craniale/temporomandibolare, a seconda dei TP individuati. L’importante è ricordarsi che il corpo è un’unità, quindi le sue parti si influenzano vicendevolmente e in questa ottica cercare di aiutarlo a ritrovare un equilibrio per poter funzionare al meglio delle sue possibilità!

CERVICALGIA E ANSIA: il ruolo del Sistema Nervoso Autonomo

Durante questo periodo di grande difficoltà per tutti credo sia un problema comune soffrire di ansia, almeno un po’….chi è già un “habituè” saprà sicuramente riconoscere una cervicalgia da ansia, ma per tutti i neofiti ecco due parole a riguardo.
Ansia e stress nervoso possono provocare cervicale, dolori diffusi e altri sintomi? Certo che sì! Ora, è vero che siamo nell’era dello psicosomatico in generale, ma in questo caso direi che esistono davvero delle correlazioni. Valutiamo in questo articolo il ruolo del sistema nervoso neurovegetativo… il nostro sistema autonomo è preparato a rispondere a situazioni di emergenza (Ortosimpatico = Fight (combatti) or Fly (scappa) or Freeze (panico che “congela”)), ma non è “capace” di capire quando il pericolo è reale o solo pensato o terminato, per cui potrebbe rimanere costantemente “in attacco” anche quando vorresti rilassarti ma l’ansia ti mantiene in stato d’allerta. Di conseguenza aumenteranno la frequenza cardiaca, la pressione e sicuramente il tono muscolare (di tutti i muscoli non solo quelli cervicali!!!). Per contro il sistema parasimpatico (Parasimpatico = Rest (riposa) and Digest (digerisci)) si comporta al contrario, ti rilassa, ti aiuta a digerire, rallenta la frequenza cardiaca; il principale rappresentante è il nervo vago, responsabile tra l’altro anche di un’azione antinfiammatoria. I due sistemi non sono realmente antagonisti, è un po’ più complesso, ma indicativamente essi si modulano vicendevolmente, con proporzionalità inversa. Da qui si deduce che possiamo quindi trovarci in una situazione di aumento del tono muscolare (maggiore attivazione dell’ortosimpatico) e una contemporanea riduzione della capacità antinfiammatoria (minore attivazione del parasimpatico)…risultato…Cervicalgia muscolotensiva! A cascata potremmo andare incontro a cefalea, rigidità cervicale, dolori diffusi da infiammazione generale, problemi digestivi, disturbi del sonno, bruxismo, ecc.
Inoltre l’American Psychological Association afferma che se la persona ha una emotività fortemente negativa abbassa le capacità del sistema di essere performante come antinfiammatorio di se stesso, creando dei circoli viziosi importanti.
Quindi che si fa in autonomia? Cerchiamo di abbassare le tensioni con respirazione diaframmatica, facciamo del movimento e dello stretching, yoga, tai chi, pilates, attività che ci scarichino senza irrigidire i muscoli, tecniche di training autogeno, ecc.
Da chi possiamo farci aiutare? Fisioterapista, Osteopata, Insegnanti delle suddette attività psicomotorie, Psicologi per fare un percorso di crescita personale e di gestione dell’ansia.
“Mens sana in corpore sano”…e viceversa…..!!!

DIAFRAMMA TORACICO E CERVICALE

Il diaframma toracico è il muscolo respiratorio principale, lo utilizziamo senza accorgercene, o spesso lo utilizziamo male o poco, sempre senza averne coscienza. E’ un muscolo fondamentale per la sopravvivenza ma ha anche tante altre funzioni meno evidenti ma importanti. Per la sua anatomia è in stretto contatto con altri muscoli e organi, per questo possono crearsi problematiche a distanza. Nello specifico vediamo il rapporto con la cervicale.
Il legame funzionale tra diaframma e rachide cervicale ha due catene miofasciali dirette e un legame neurologico poichè innervato a livello cervicale (nervo frenico con origine cervicale). Far lavorare correttamente il diaframma permette di non dover utilizzare muscoli accessori respiratori (muscoli situati anche a livello cervicale) e di migliorare la mobilità della gabbia toracica. Si riduce quindi l’utilizzo soprattutto di trapezi, scaleni e sternocleidomastoidei, ottenendo un duplice risultato: da un lato il minor utilizzo favorisce un tono meno contratto e dall’altro migliora la curva cervicale, che in situazione di contrazioni importanti può tendere alla rettilinizzazione creando un circolo vizioso tra postura e contratture muscolari. Inoltre poichè l’innervazione diaframmatica è di origine cervicale si creano dei meccanismi di feedback in entrata e in uscita sul midollo spinale che portano a un aumento progressivo del tono diaframmatico e un aumento della rigidità del tratto cervicale.
Ovviamente il diaframma è inserito in un contesto globale del corpo, per cui è indicato il trattamento diretto con terapia manuale e anche con esercizi respiratori, ma è necessario valutare le eventuali interferenze viscerali e strutturali che possono ridurre la sua funzionalità. Ricordiamo ad esempio che ha strette connessioni con stomaco, esofago, fegato, angoli colici, in aggiunta a tutte le connessioni muscolari, come ad esempio ileopsoas e quadrato dei lombi per citarne qualcuna. L’osteopata è in grado di valutarle e portare il corpo verso un equilibrio.
Risulta quindi evidente che sia un muscolo chiave per una buona mobilità del rachide cervicale ma anche per il rachide in toto, basti pensare che è a cavallo della cerniera dorsolombare, punto di svincolo ideale per la deambulazione. Non è un caso che molte discipline antiche come lo yoga, il pilates, il tai chi si concentrino molto sul lavoro di questo muscolo…con l’era moderna ogni tanto causa stress, frenesia, ansia, ecc ci ritroviamo in apnea e ci “dimentichiamo” di respirare. Stare in apnea o respirare a scatti innesca subito un aumento del tono basale dei nostri muscoli, mentre respirare a fondo, di pancia, permette ad esempio un massaggio diretto ai visceri, un rilassamento del pavimento pelvico, un massaggio non conscio ai plessi neurovegetativi e tanti vantaggi derivanti dal rilassamento generale che ne consegue…provare per credere!

MUSCOLO ILEOPSOAS E MAL DI SCHIENA

Il muscolo ileopsoas si inserisce direttamente sulla spina dorsale, sul bacino e sul femore, ha di conseguenza la potenzialità di influenzare e di essere a sua volta influenzato dalla colonna e dalla pelvi. E’ un muscolo pari e di conseguenza ne abbiamo due. E’ un muscolo posturale ed è stato osservato e dimostrata la sua tendenza ad accorciarsi, creando un aumento della lordosi lombare,

Leggi di più

Quale esame diagnostico?

Quali sono gli esami più comunemente prescritti per mal di schiena, tendiniti, cadute, distorsioni, ecc.? Ecco brevemente indicati quali sono, a cosa servono di solito e cosa permettono di vedere.

Leggi di più

IL MAL DI SCHIENA …possibili cause e suggerimenti

Il mal di schiena o lombalgia è un problema purtroppo molto diffuso. Quasi tutte le persone hanno avuto l’esperienza di dolore alla schiena nel corso della vita. Questo dolore può variare di intensità, di durata e soprattutto di causa. In generale spesso però la lombalgia può rendere difficile praticare molte attività della vita quotidiana.

Leggi di più

Trattamento osteopatico del bruxismo

Quando ti augurano “stringi i denti !!!”…ecco magari anche no…

Quante volte ci siamo sentiti dire “stringi i denti !”, come incoraggiamento per resistere a periodi di stress per esempio. E’ usuale infatti serrare la mandibola (articolazione temporo mandibolare o atm) quando stiamo facendo uno sforzo fisico; ci viene naturale perchè la richiesta di sforzo è riconosciuta dal nostro cervello (nella sua parte antica di amigdala, sistema limbico, ecc) come “stress” che attiva meccanismi di reazione muscolare allo stress.

Leggi di più